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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-02-08

"Berlusconi non si sottrarrà alla giustizia"

Alfano: "Il premier vorrebbe andare in tribunale sempre ma dovrebbe sottrarre tempo al governo"

Mancino: "Sì scudo per i parlamentari ma con un quorum del 65%"

L'intervista. L'apertura del vice presidente del Csm: guai se si torna all'impunità acritica.

Nel '93 firmò per l'abolizione dell'autorizzazione a procedere

Mancino: "Sì scudo per i parlamentari ma con un quorum del 65%"

 

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

 

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2010-02-08

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-02-08

"Berlusconi non si sottrarrà alla giustizia"

Alfano: "Il premier vorrebbe andare in tribunale sempre ma dovrebbe sottrarre tempo al governo"

"Berlusconi non si sottrarrà alla giustizia"

Alfano: "Il premier vorrebbe andare in tribunale sempre ma dovrebbe sottrarre tempo al governo"

MILANO - "Berlusconi non si sottrarrà alla giustizia" né "sottrarrà tempo al governo". Ad assicurarlo è il ministro della Giustizia Angelino Alfano. "Berlusconi vorrebbe andare in tribunale sempre - ha detto il Guardasigilli ospite di Lucia Annunziata in tv alla trasmissione In mezz'ora - ma il tribunale è un luogo dove si studiano i processi e dove ci si difende dalle accuse studiando le carte. Lui avrebbe studiato i faldoni e sottratto tempo al governo". "Ecco dunque il perché di un provvedimento che interrompe i processi del premier. Ma Berlusconi -ha assicurato Alfano - non si sottrarrà ai processi: quando avrà finito di governare si farà processare dai tribunali italiani". Non solo. Sempre in tema di giustizia e riforme, il ministro ha voluto sottolineare che la legge sul legittimo impedimento, recentemente approvata dalla Camera, "non è una legge ad personam" in favore del presidente del Consiglio, "né pone Silvio Berlusconi al riparo dalla giustizia" "Il bivio - ha aggiunto il Guardasigilli - è tra il dovere del presidente del Consiglio di governare e il diritto di difendersi dai processi: basti pensare che Berlusconi avrebbe presto dovuto affrontare 23 udienze in 65 giorni. Ma non è al riparo della giustizia, perché sarà giudicato quando avrà finito di governare".

DUE IPOTESI - Il governo, ha spiegato il titolare della Giustizia, sta lavorando sia all'immunità che al Lodo Alfano bis. "Stiamo studiando l'approdo migliore. Non siamo dell'idea di improvvisare una soluzione" ha detto il ministro, aggiungendo che il'esecutivo è alal ricerca di una soluzione condivisa. "L'espressione immunità - ha voluto poi sottolineare Alfano - è diventata un sinonimo di illegalità. Questa equazione va smontata". Quanto al processo breve, esso, secondo il Guardasigilli, non è su un binario morto come sostenuto dal presidente della Camera Gianfranco Fini. "Il processo breve non ha nessuna urgenza di essere approvato, però - ha spiegato Alfano in tv- abbiamo intenzione di mantenere saldo il principio che i cittadini debbano sapere il momento in cui si è condannati o dichiarati innocenti". Dal Guardasigilli anche un monito ai giudici: "Devono avere un atteggiamento parco e sobrio", non devono mostrare "una tendenza politica altrimenti fanno danno alla giurisdizione alla quale fanno parte". "I magistrati devono apparire terzi", ha aggiunto il ministro, "ci sono invece magistrati che dichiarano da ogni dove".

DECRETO CONTRO LA SENTENZA BEFFA - In tv il Guardasigilli ha anche affrontato la questione della sentenza beffa della Cassazione che favorisce i boss, confermando che il ministero della Giustizia sta mettendo a punto un decreto che sarà approvato mercoledì mattina dal Consiglio dei ministri per mantenere ai tribunali la competenza per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, comunque aggravato.

I PENTITI - Un intervento a tutto campo quello del ministro, ospite della Annunziata in tv. Alfano ha anche risposto ad alcune domande della giornalista sui pentiti e sulle polemiche relative al Ddl Valentino, che mira a modificare la legislazione sull'uso dei collaboratori di giustizia, confermando il suo "no" alla proposta del senatore del Pdl. I pentiti sono "utili" ma essendo anche dei criminali sono da "maneggiare con cura" è la tesi del Guardasigilli. "Bisogna ricordare che i pentiti hanno solitamente dei curricula criminali straordinari, ma bisogna riconoscere che hanno aiutato la giustizia italiana a ricostruire l'organizzazione di Cosa Nostra e a risolvere tantissimi casi che altrimenti non si sarebbero risolti", ha aggiunto. "Quindi - ha chiarito - posto che sono utili e che sono dei criminali, bisogna maneggiarli con cura: la mia opinione è che bisogna applicare bene le leggi che ci sono, ma sono contrario a un intervento sulla legislazione in materia di pentiti oggi perchè rappresenterebbe un segnale di allentamento della tensione nel contrasto della criminalità organizzata, tensione che invece noi stiamo tenendo alta".

AFFONDO SU DI PIETRO - Infine, un affondo del Guardasigilli sul leader Idv Antonio Di Pietro. "Ha candidato De Luca. Per me De Luca è un presunto innocente, ma Di Pietro è un conclamato incoerente" ha detto Alfano. "Il Pd e l'Idv sono uniti ancora di più, ma è il Pd che vira verso Di Pietro", ha detto il Guardasigilli criticando l'ex pm: "Vuole fare la morale agli altri senza averne una propria".

Redazione online

07 febbraio 2010(ultima modifica: 08 febbraio 2010)© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2010-02-08

L'intervista. L'apertura del vice presidente del Csm: guai se si torna

all'impunità acritica. Nel '93 firmò per l'abolizione dell'autorizzazione a procedere

Mancino: "Sì scudo per i parlamentari

ma con un quorum del 65%"

di LIANA MILELLA

Mancino: "Sì scudo per i parlamentari ma con un quorum del 65%"

Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino

ROMA - Fu lui, negli anni Novanta, a mettere su carta la necessità di abolire l'autorizzazione a procedere. E Nicola Mancino, oggi vice presidente del Csm, con Repubblica ammette che "il desiderio di tornare indietro non è mai passato". Dice sì all'immunità, ma con paletti ben precisi e rigidi. Che "la proposta arrivi non dal governo ma dal Parlamento", che "si preveda una maggioranza qualificata, oscillante tra il 60 e il 65 per cento, per respingere le richieste di autorizzazione dei magistrati", che agli stessi "si dia la possibilità di portare avanti le indagini". E comunque, dopo il legittimo impedimento, sarebbe allo stato naturale "fare solo il lodo".

Non la colpisce tutta questa "voglia di immunità"?

"Non è di certo una questione che cade improvvisamente sul tavolo del confronto politico. E non me ne meraviglio. Ritengo però che la memoria storica non deve essere mai archiviata quando si discute di modifiche legislative o addirittura di norme costituzionali".

Non sarà che, dal '93 a oggi, la "voglia" c'è sempre stata?

"È rimasta, pur sotto l'incalzare di Tangentopoli e all'indomani della modifica della norma costituzionale. Si arrivò finalmente all'approvazione del nuovo articolo 68 perché le richieste di autorizzazione a procedere venivano puntualmente disattese dal ramo del Parlamento interessato a valutarle. Ormai era costante una sorta di impunità, il travolgimento dello spirito dell'originario 68 che escludeva le autorizzazioni solo quando l'indagine appariva palesemente infondata e prevaleva la sensazione di un fumus persecutionis anche ragionato. La prassi parlamentare, negando senza fare differenze le autorizzazioni, bloccava invece sin dall'inizio l'accertamento delle responsabilità penali, per cui nessun magistrato poteva indagare sull'eletto".

 

È stato lei, prima di diventare ministro dell'Interno, a presentare la modifica del '68. Fu avversata?

"La modifica era diventata inevitabile sotto l'incalzare di Tangentopoli. Certo, la tutela della funzione parlamentare fu introdotta nella carta costituzionale, ma con un spirito diverso. Lì c'era la saggezza del costituente. L'abuso era divenuto ricorrente quando un'istanza approdava in assemblea. Si andava in aula e si diceva no alle richieste dei magistrati, spesso anche con convergenze tra maggioranza e opposizione. Nel '93 la mia proposta fu ripresa dal compianto senatore Elia e fu approvata. Anche a malincuore, ma lo fu".

In questi 17 anni non le pare che sia sempre stato vivo il desiderio di tornare indietro?

"Di volta in volta, come pezza d'appoggio, si è accennato alle garanzie costituzionali presenti in altri paesi occidentali. Del resto, il nuovo 68 ha consentito comunque di svolgere indagini a carico dei parlamentari con il limite di tutelare il singolo deputato o senatore, di non sottoporlo a perquisizione personale o domiciliare, di non arrestarlo senza prima un via libera della Camera di appartenenza".

È possibile fare immunità e lodo, come Alfano annuncia che il governo vuol fare?

"Per me è preferibile che siano i parlamentari a presentare modifiche di norme costituzionali, piuttosto che irrigidirle come attività di governo e quindi di maggioranza, perché ciò condizionerebbe, sin dalla partenza, il libero dibattito parlamentare".

Lei è favorevole o contrario a ripristinare l'immunità?

"Se c'è la previsione di un quorum elevato, magari tra il 60 e il 65 per cento, per negare l'autorizzazione una volta che le indagini sono completate, io potrei anche convenire con la necessità di un ritocco all'attuale 68. Ma c'è sempre un limite: non torniamo all'impunità acritica".

Ma è possibile farli tutti e due?

"Tecnicamente si può fare, ma sono le forze politiche a stabilire se è possibile farlo simultaneamente, oppure in tempi separati, o ancora se farne soltanto una".

Dopo la legge sul legittimo impedimento quale strada vedrebbe di più?

"Il lodo coperto costituzionalmente".

Ma non c'è il rischio che la Consulta comunque lo bocci?

"Per il lodo bisogna fare comunque i conti con le pronunce della Corte, secondo cui una nuova norma della Costituzione deve rispettare il fondamentale principio d'uguaglianza stabilito dall'articolo 3. Ne consegue che la Consulta potrebbe sempre intervenire su una legge, pur di rango costituzionale, se essa appare in contrasto con un principio fondamentale della Carta medesima".

Le due protezioni garantirebbero maggiore uguaglianza?

"Alfano ha presentato un lodo, e dopo la pronuncia della Consulta, può proporre una legge con la copertura costituzionale, necessità imprescindibile che io ho sostenuto sin dall'inizio. Non mi meraviglierei che sia lo stesso ministro a presentare una proposta di lodo, mentre per l'immunità starei più attento perché si tratta di tutela, di privilegi, di limiti che è preferibile partano da un'iniziativa parlamentare".

L'immunità votata dalla sola maggioranza è una forzatura?

"Norme a tutela della funzione dovrebbero essere condivise anche dall'opposizione. Adesso io non dico che sia, o non sia giusto, perché spetta al Parlamento verificare se ci sono le condizioni per rivedere il 68. Ma, per evitare gli abusi che ci sono stati in passato nel negare l'autorizzazione anche solo ad avviare un'indagine, si potrebbe lasciare libertà di iniziativa da parte dei magistrati durante tutta la fase istruttoria e rimettere nelle mani del Parlamento la valutazione dell'eventuale fumus persecutionis. A indagine completata, il Parlamento sarà posto nella condizione di valutare se emerge il fumus, oppure se vi sono gravi indizi di colpevolezza a carico del parlamentare".

Fini apre all'immunità, ma sostiene che dovrà essere qualcosa di molto diverso da quella passata, e Giulia Bongiorno pone delle condizioni tra cui quella di escludere i reati commessi prima di assumere la carica e anche di stabilire per quali si ha diritto a questo privilegio. Sono vie percorribili?

"Concordo con Fini. Ma, se si decide di introdurre una norma a tutela della funzione, non vedo come si possa fare la differenza tra reati commessi prima di essere eletti e reati commessi nell'esercizio della funzione parlamentare. Quando sento dire che si vuole rinunciare all'immunità, non si tiene conto che questa è a tutela della funzione, e quindi non dipende dalla volontà del singolo".

© Riproduzione riservata (08 febbraio 2010)

 

 

 

Il ministro della Giustizia ospite di "In mezz'ora" su Rai3 annuncia il provvedimento del governo

Poi difende il legittimo impedimento. "Berlusconi vorrebbe andare alle udienze ma deve governare"

Mercoledì in Cdm decreto sullo stop ai processi

"L'esecutivo correggerà l'errore dei giudici"

E a Fini dice: "Nessuna urgenza per il processo breve ma non è su un binario morto"

Mercoledì in Cdm decreto sullo stop ai processi "L'esecutivo correggerà l'errore dei giudici"

ROMA - "Mercoledì approveremo in Consiglio dei ministri un provvedimento per rimediare ad un errore tecnico dei giudici, ribadire la competenza dei tribunali ed evitare la scarcerazione dei boss". Lo ha detto il ministro della Giustizia Angelino Alfano partecipando alla trasmissione di RaiTre "In mezz'ora ora". Il riferimento è al rischio di spostamento e quindi di stop ai dibattimenti dovuto alle nuove norme della ex Cirielli.

Intervistato da Lucia Annunziata, il Guardasigilli ha detto che il decreto sarà approvato "mercoledì mattina, alle 8.30" e risolverà il problema legato alla sentenza della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto la competenza della Corte d'assise per il reato aggravato di associazione mafiosa, dal momento che con la legge ex Cirielli, del 2005, la pena edittale massima è stata fissata in 24 anni di reclusione. "Il governo interverrà per rimediare all'altrui errore" - ha sottolineato Alfano, ricordando che i giudici, dopo il 2005 avrebbero dovuto applicare la legge inviando i processi per associazione per delinquere aggravata in Corte d'assise e non in tribunale. Nel decreto sarà sancita "la competenza dei tribunali - ha confermato Alfano - in modo da evitare scarcerazioni e stabilizzare il sistema".

Il ministro ha anche parlato del processo breve che, ha detto, non è su un binario morto, come aveva invece affermato Gianfranco Fini in una recente intervista a Repubblica. "Il processo breve non ha nessuna urgenza di essere approvato - ha sottolineato - però abbiamo intenzione di mantenere saldo il principio che i cittadini debbano sapere un momento in cui si è dichiarati innocenti o colpevoli".

 

Il Guardasigilli è poi tornato a difendere la legge sul legittimo impedimento: "Non è una norma ad personam, il nostro obiettivo è far sì che nessuno sia sottratto al suo giusto processo. Ma una indagine giudiziaria e tutto quanto ne consegue non possono intaccare l'autonomia e la sovranità del Parlamento e l'agenda politica".

A questo proposito Alfano ha sostenuto che "Berlusconi vorrebbe andare in tribunale sempre ma il tribunale è un luogo dove si studiano i processi e dove ci si difende dalle accuse studiando le carte. Lui avrebbe studiato i faldoni e sottratto tempo al governo". Per quanto riguarda le altre leggi in cantiere il ministro ha detto che si sta lavorando sia sull'immunità che sul "Lodo Alfano bis": "Stiamo lavorando sull'ipotesi di farle entrambi, per arrivare all'approdo migliore. Cerchiamo una soluzione condivisa".

Il titolare di via Arenula ha anche affrontato la questione dei collaboratori di giustizia: "Non credo che i pentiti siano il Vangelo, ma bisogna però riconoscere che hanno aiutato la giustizia italiana a risolvere tanti casi", ha affermato Alfano. I pentiti "sono utili ma bisogna maneggiarli con cura", occorre "applicare le leggi che ci sono", ha detto il Guardasigilli. "Sono contrario - ha affermato - ad un intervento sulla legislazione sui pentiti". E riguardo alla proposta di un disegno di legge sui pentiti da parte dell'ex An, Valentino, Alfano ha aggiunto: "Nessuna doppia linea, è solo un caso mediatico che ha attirato anche giuste solidarietà a Valentino. Lui ha tutto il diritto di esprimere le proprie idee".

(07 febbraio 2010) Tutti gli articoli di Politica

 

 

 

 

 

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2010-02-08

Alfano: Berlusconi vorrebbe andare ai processi ma è impegnato a governare

"Siamo incamminati verso il traguardo di una riforma" complessiva della giustizia. Lo afferma Angelino Alfano durante l'intervista alla trasmissione di Lucia Annunziata, 'In mezz'ora'. Il legittimo impedimento? "Non è ad personam". "Berlusconi non si è posto a riparo dalla giustizia. Queste leggi non gli fanno abbandonare la necessità di dimostrare la propria innocenza", dice il Guardasigilli.

"Contesto la tesi - aggiunge Alfano - secondo cui Berlusconi sia a riparo dalla legge. La questione non è se quella legge

è a favore o no di Berlusconi. Il fatto è - argomenta il responsabile della Giustizia - non è possibile che dal momento della discesa in campo quest'uomo abbia patito centinaia di processi". Per Alfano il Paese "si è trovato di fronte ad un bivio: tra il dovere di un premier a governare e il diritto di un cittadino di difendersi dai processi".

"Berlusconi vorrebbe andare in tribunale sempre - dice il Guardasigilli - ma il tribunale è un luogo dove si studiano i processi e dove ci si difende dalle accuse studiando le carte. Lui avrebbe studiato i faldoni e sottratto tempo al governo". Ecco dunque il perchè di un provvedimento che interrompe i processi del premier. "Ma Berlusconi - assicura Alfano - non si sottrarrà ai processi: quando avrà finito di governare si farà processare dai tribunali italiani".

Il processo breve non è su un binario morto. "Secondo me no", ha detto il ministro rispondendo a Lucia Annunziata che gli chiedeva se condividesse la lettura dell'iter del processo breve data dal presidente della Camera Gianfranco Fini. "Il processo breve non ha nessuna urgenza di essere approvato", ha sottolineato, "però abbiamo intenzione di mantenere saldo il principio che i cittadini debbano sapere un momento in cui si è dichiarati innocenti o colpevoli". Per Alfano, poi, "la dizione processo breve è ipocrita". Meglio parlare di "periodo certo" per lo svolgimento dei processi.

Il ministero della giustizia sta mettendo a punto un decreto che sarà approvato mercoledì mattina dal consiglio dei ministri per mantenere ai tribunali la competenza per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, comunque aggravato. Lo ha confermato il ministro della giustizia Angelino Alfano. Il Guardasigilli ha detto che il decreto sarà approvato "mercoledì mattina, alle 8.30" in consiglio dei ministri e risolverà il problema legato alla sentenza della Corte di Cassazione, la quale ha riconosciuto la competenza della Corte d'assise per il reato aggravato di associazione mafiosa, dal momento che con la legge ex Cirielli,

del 2005, la pena edittale massima è stata fissata in 24 anni di reclusione. "Il governo interverrà per rimediare all'altrui errore" -

ha sottolineato Alfano, ricordando che i giudici, dopo il 2005 avrebbero dovuto applicare la legge inviando i processi per

associazione per delinquere aggravata in Corte d'assise e non in tribunale. Nel decreto sarà sancita "la competenza dei tribunali - ha confermato Alfano - in modo da evitare scarcerazioni e stabilizzare il sistema".

07 febbraio 2010

 

 

 

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